
Senza titolo (doppio naso) | Enrico Baj | 1975, matita grafite su carta
Lo vedi? È lì che sbuca da sotto, affilato e senza curve. Me la ricorda proprio: se l’avessi conosciuta, mi daresti ragione. Mi sbilancia i lineamenti e mi oscura la bocca, tanto che parlare diventa faticoso. È identico al naso di mia moglie, ingombrante, con narici lunghe e strette da lasciar entrare una libellula.
Lei non c’è più, ma è evidente che non sono riuscito a liberarmene del tutto. Quella sera, dopo aver ripulito, mi sono specchiato per controllare che non ci fossero schizzi o macchie e mi sono ritrovato questo naso che non finisce più. Ci è mancato poco che mi venisse un infarto! Per me che non sono certo il tipo, tutto serio e composto, è stato come svegliarsi con un tatuaggio volgare sulla fronte: ecco, vi presento un mostro. Un fenomeno da circo.
Dopo qualche minuto ho provato a toccarlo con la punta delle dita. All’inizio mi sono avvicinato cauto, quasi temevo potesse mordere – sai com’è, l’abitudine; poi ho provato a schiacciarlo con la mano intera, finché non mi sono dato un pugno in faccia. Il naso, il mio, è sanguinato parecchio, mentre quello di lei neanche un graffio. Restava lì a guardarmi con aria di sfida, di rimprovero, proprio come faceva mia moglie. In un momento di sconforto ho afferrato un coltello, volevo strapparmi di dosso quel pezzo di carne, farlo a brandelli, ma sono riuscito a sferrare solo qualche colpo all’aria. Patetico.
Per diversi giorni non ho avuto il coraggio di uscire. Come potevo spiegare la comparsa di un secondo naso? Mi avrebbero additato, “al mostro, al mostro” avrebbero urlato; poi avrebbero cominciato a fare domande. Mi conosco, sarei crollato e avrei confessato. Però un uomo deve pure mangiare, muoversi, vivere. Così una mattina sono uscito in strada. Con una sciarpa di lana grossa mi sono avvolto fin sotto gli occhi; certo l’abbigliamento era bizzarro, ma meno bizzarro di un secondo naso stampato in viso, converrai anche tu. Ho camminato per tutto l’isolato, qualcuno mi ha guardato strano, qualche ragazzino si è fatto una risata, ma nulla di più. Dentro la sciarpa sentivo colare le gocce di sudore, dai nasi giù alla bocca, per poi saltare dal mento aguzzo e rimbalzare sulla camicia.
Ha funzionato finché non è arrivata l’estate, la più calda da che ho memoria.
Come posso uscire con la sciarpa?
Oggi la vicina ha bussato. Capirai che sono rintronato, è una settimana che non esco, mangio poco, non parlo con nessuno. Ho aperto la porta sovrappensiero, senza sciarpa, lei voleva solo sapere come stavamo io e mia moglie, dato che è un po’ che non ci incontra sulle scale. Vecchia ficcanaso. A proposito, i miei nasi! Cosa avrebbe raccontato in giro dopo avermi visto così? Ecco, adesso sai perché mi sono dovuto sbarazzare anche di lei. Non mi ha lasciato altra scelta.
Ora aspetto, immobile davanti allo specchio. Due, tre, tu quanti ne vedi?
E ancora non mi spiego come la vecchia sia riuscita a mantenere il sangue freddo davanti a questo terribile mostro deforme…
Per il premio letterario “Disegni in cerca d’autore“, Collezione Ramo e Belleville.